Blog (Ita)PILLOLE DI LETTERATURA - Georges Simenon
- Fab Ka
- Oct 16, 2022
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Updated: Oct 17, 2022
La calma e la pazienza dell'analisi fusa con l'irrequietezza del fare, dello scrivere del produrre, del buttar fuori tutto quello che c'era da buttare fuori. Perché Georges era irrequieto, ma sapeva concentrare tutto in un'unica cosa, furente e irrefrenabile: scrivere.
E Georges che era nato a Liegi, proprio vicino a quella chiesa gotica al cui portone un suo amico si era impiccato... decise che il Belgio era troppo piccolo per lui, che Parigi vale pur bene una messa, e che la psicologia dell'umanità si trova tutta nei bar, in una brasserie o semplicemente sul fondo schiumoso di una birra.
Nel frattempo scriveva con diversi pseudonimi, andava a donne, tante donne, innumerevoli, per vivere, per comunicare, per capire... e nel frattempo scriveva pagine su pagine, in un vortice irrefrenabile. E in tutti i luoghi: sul fiume, in una birreria, su una barca, in una gabbia di vetro (come fenomeno da baraccone per i turisti), in Francia, in America, in Svizzera... Scriveva dappertutto come un artigiano frenetico, ma sempre cercando di mantenere quella calma che tanto invidiava a uno dei suoi personaggi più riusciti: il Commissario Maigret.
E il Commissario Maigret di certo non lo avrebbe giudicato: come sempre lo avrebbe ascoltato e avrebbe cercato di capirlo. Perché non era poi così importante scoprire il colpevole, accusare chi aveva torto o aveva fatto del male, quanto capire il movente del colpevole, perché anche un insospettabile viene spinto spesso dalla vita a fare e farsi del male? Perché spesso buttiamo tutto in una discarica, cosa ci spinge a distruggere e ad auto-distruggerci?
Questo è quello a cui Maigret era interessato, e anche Simenon.
E nello spazio della sintesi simenoniana, poetica, bellissima, di tre righe, puoi trovare il perché del male, della crudeltà, che scaturisce sempre dalla debolezza. Come due amanti che uccidono per guadagnarsi la libertà, come un impiegato che impazzisce e uccide per fuggire al sistema borghese che lo fà esplodere mentalmente, come un padre di famiglia che uccide semplicemente per sopravvivere o guadagnare il pane per i propri figli, come un amico che uccide per gelosia o per frustrazione di una vita che non và come dovrebbe andare. O come una coppia che ammazza i propri animali domestici preferiti per rinfacciare qualcosa all'altro, in una relazione tossica infinita, che si mantiene solo per non morire terrificati di fronte alla solitudine e alla morte.
E leggendo queste storie, si impara a viverle, a comprenderle, forse a evitarle, o semplicemente a decifrarle.
E Georges sta seduto nel bar, e sorseggiando una birra, ammira l'umanità scorrere davanti a sé, gioire, innamorarsi e farsi del male. Ma non la giudica mai. Cerca di capirla, prova pietà e compassione per le scelte fatte, anche per le scelte sciagurate. Non le condivide, ma mai le condanna fino in fondo.
In esse la tragedia umana è insita, e il protagonista o Maigret in persona non può far altro che annuire e accettarle, tirando un profondo sospiro di pietà e di fumo dalla sua inseparabile pipa.

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